mercoledì 11 aprile 2018

Eli Gottlieb
Il ragazzo d'oro
Mimimum Fax

Per tutti i numerosi amici che hanno preso parte al gruppo di lettura di sabato 7 aprile l'incontro con Il ragazzo d'oro di Eli Gottlieb è stata un'esperienza ricca e profonda. Per alcuni è stato l'approccio a un mondo poco conosciuto, quello delle persone affette dalla sindrome dello spettro autistico, per altri un modo diverso di conoscerne le caratteristiche.
L'autore ci accompagna nella comunità di Payton e ci fa conoscere Todd Aaron, un cinquantenne che da quarant'anni conduce la sua vita semplice e abitudinaria, scandita dalle regole della struttura e a noi sembra di entrare nella sua vita e di vedere la sua esistenza con gli occhi della normalità.
La lettura ci rende partecipi di una grave problematicità del mondo contemporaneo ma non lo fa in modo didattico e didascalico, al contrario, ci presenta Todd come un amico, dal quale non vorremmo separarci mai e con il quale entriamo da subito in empatia.
Con lo sguardo ingenuo e infantile di Todd, privo di filtri e condizionamenti, incontriamo i diversi personaggi e cogliamo immediatamente lo spirito che li anima: il profumo di dolcezza della mamma, l'aspetto violento del padre che ritroviamo negli occhi pieni di cattiveria dell'educatore, il desiderio di libertà e ribellione di Beth.  Todd non è mai violento o prepotente, è una creatura delicata in ogni cosa che fa, senza dubbio in virtù del suo essere diverso e in parte  perchè ha promesso alla mamma di essere un ragazzo d'oro.
Il romanzo è caratterizzato da una costante dualità, un continuo oscillare tra realtà opposte: il mondo all'interno e all'esterno della comunità,  i "buoni" e i "cattivi", le cose che si possono e non si possono fare. E in una visione più ampia ci invita a riflettere sul modo di affrontare il grave problema della gestione delle disabilità. E ' impossibile esprimere un giudizio definitivo e univoco sull'argomento: le variabili sono troppe e incostanti. In molti momenti del romanzo la comunità  viene descritta come una gabbia isolata dal mondo reale, priva di aperture e comunicazione con la società civile. Le opportunità lavorative appaiono più come un modo di trascorrere il tempo che un'opportunità di inserimento, o quanto meno di dialogo con il mondo al di fuori della comunità. Dal lato opposto spesso notiamo come la regolarità, le abitudini, il ritmo rallentato della vita all'interno della struttura infondano un forte senso di sicurezza e tranquillità.
Strettamente legato a questo tema il problema del ricorso ai farmaci. Anche qui è ovvio che è impossibile generalizzare: in certi casi il paziente non ha i mezzi per tenere sotto controllo la propria ansia e l'uso di sostanze farmacologiche è inevitabile. In altre situazioni, nel caso di Todd Aaron per esempio, la situazione è meno chiara. Forse potrebbe stare meglio, riconquistare energia e lucidità se non ingoiasse quotidianamente le famigerate pillole, a scapito però delle tranquillità, del senso di sicurezza, di un'ansia che teme di non sapere dominare, o quanto meno non sempre.
Alla fine il nostro caro Todd rientra suo malgrado nella "normalità" del Payton Living Center; tutto ritorna come prima, con qualche consapevolezza in più da parte sua e la rassegnazione ad accettare il trascorrere dei giorni così come la mamma gli aveva raccomandato lasciandolo tanti anni prima.
In noi lettori resta il desiderio di restare ad ascoltare ancora la voce di Aaron che ci parla del suo strano mondo e delle sue esperienze di fuga e libertà, arricchiti dalla conoscenza e dalla riflessione su quella che definiamo spesso con troppa leggerezza "diversità".

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